L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è forse l’opera d’arte più riprodotta e rivisitata al mondo. Dal Cinquecento ad oggi la sua fortuna non è mai venuta meno, nonostante il suo grave stato di conservazione.
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci
Nel Settecento il dipinto viene sottoposto a disastrosi restauri che alterano il suo aspetto originario. Nasce così nell’Ottocento il mito del capolavoro perduto da cui si percepisce l’aura dell’artista-genio. Dopodiché inizia a farsi strada una visione laica del Cenacolo che ha un grande successo a partire dal Novecento (1).
Eccoti tre versioni pop del murale di Leonardo:
1. Katherine Stuberghs
Il Santa Cruz Memorial in California conserva una copia in cera del Cenacolo di Leonardo da Vinci. Il dipinto è riprodotto a grandezza naturale dal duo, madre e figlia, Katherine Stuberghs alla fine degli anni ’30. Il committente è Harry Liston, un uomo di spettacolo che per anni la espone alle fiere della contea.
Le scultrici di Los Angeles realizzano una versione iperrealistica del capolavoro Vinciano, grazie all’impiego dei capelli veri e di modelli dal vivo per creare gli stampi dei volti e delle mani di Cristo e degli apostoli. La versione delle Katherine Stuberghs è un’opera devozionale, seppur non concepita per un luogo sacro (2).
Siamo però ancora lontani da quella derisione, tagliente e beffarda, dell’Ultima Cena che si diffonde a partire dalla seconda metà del Novecento.
2. Andy Warhol
Molto interessante è la rivisitazione dell’opera da parte di Andy Warhol. Il maestro della Pop Art lavora alla serie intitolata Last Suppernegli ultimi anni della sua vita. Per il gallerista Alexandre Iolas, che gli commissiona il lavoro nel 1985, realizza un numero incalcolabile di tele e serigrafie.
L’artista trasforma il dipinto rinascimentale in un’allegoria pop, che rovescia il rapporto tra sacro e profano, tra cultura d’élite e di massa. L’Ultima Cena è riprodotta in maniera seriale: ingrandita, sdoppiata o replicata decine di volte sulla stessa superficie.
Il troppo celebre murale di Leonardo equiparato al viso di Marylin.
3. Otto Kern
Dal secolo scorso ai giorni nostri avviene dunque una mutazione dell’immaginario legato al Cenacolo. Infatti da celebre iconografia religiosa, l’opera diventa un’immagine laica inserita nei contesti più disparati.
La dissacrazione del dipinto segue due principi: la demolizione del mito dell’artista e la profanazione del dogma eucaristico.
Un esempio di questo tipo lo ritroviamo nella pubblicità parodia della marca di jeans Otto Kern(4). La fotografia mostra dodici modelle a torso nudo disposte ai lati del Cristo, che contempla la sua torta di compleanno.
Note
(1) La fonte principale di questo articolo è Roberto Paolo Ciardi, Evocazioni di un fantasma. Fortuna e sfortune dell’Ultima Cena dal Settecento al Novecento, p. 353-362. Tutte le citazioni incorniciate si riferiscono a questo testo.
(2) Apri il sito del Santa Cruz Memorial in California.