3VETRO | Street Art? Ecco cosa ne penso

11/04/2019 Off By Tecla
3VETRO | Street Art? Ecco cosa ne penso

3Vetro è un artista nato e cresciuto nella provincia di Torino. Dopo un lungo passato come writer “vecchia scuola” ha deciso di aprirsi alla pittura figurativa. 

Durante il nostro incontro ha espresso il suo punto di vista sulla street art. Un fenomeno artistico che sfugge a qualsiasi tipo di classificazione, perché si muove tra la strada e la ribalta, tra illegalità e legalità, tra vandalismo e riqualificazione urbana. 

L’opinione di 3Vetro è cristallina, a tratti quasi tagliente. Una testimonianza preziosa per chi non sa resistere al fascino della cultura underground.

Da writer a street artist

Quando hai scelto di passare da writer puro a street artist?

Ho iniziato a fare graffiti all’età di 13 anni e fino ai 17 ho dipinto solo su muri illegali. Per circa quindici anni ho continuato a fare lettere e puppet, dopodiché ho deciso di buttarmi anche sulla pittura figurativa. E così due anni fa, quando vivevo in Francia, mi sono dato un nuovo nome. Ora sono stabilmente 3Vetro.

Il ruolo della street art

Sei molto legato alla pratica spontanea della street art. Dipingi prevalentemente in luoghi abbandonati e durante le hall of fame. Cosa ne pensi ad esempio degli interventi di riqualificazione urbana?

Non sono contrario, ma li trovo un po’ fine a se stessi. Le jam sono gestite dalle associazioni per la creatività urbana, e senza di loro non puoi agire legalmente sui muri pubblici. La vedo una cosa un po’ limitante nei confronti di chi ha solo voglia di andare a dipingere.

Ad esempio a Torino c’è MurArte, per partecipare al progetto del Comune bisogna fare la tessera e aspettare che ti chiamino a rotazione. Io sinceramente preferisco dipingere quando ne ho voglia. Gli altri sono liberi di iscriversi, ma io ho scelto adottare un sistema diverso.

Oltretutto penso che la street art sia abbastanza inflazionata al giorno d’oggi. Non so quanta essenza ci sia ancora in questo tipo di arte. Per me la street art deve fare ragionare le persone. Quando guardi un’immagine su una parete non vedi solo un bel disegno, ma un messaggio che coinvolge tutti quanti.

L'impegno politico

C’è una tua opera a cui ti senti particolarmente legato?

Sì, due anni fa c’è stata una manifestazione contro la TAV in Val Susa. In quell’occasione sono stati coinvolti 12 artisti, tra cui Blu. Durante la giornata ci è stato chiesto di realizzare dei pezzi a tema No Tav.

Io ho sfruttato la porta di un pilone per dipingere una galleria con attorno un esercito di soldati. Quello principale, al centro del muro, porta al collo un treno rosso a mo’ di serpente. È forse il dipinto a cui sono più legato per via del contesto politico.

Il mercato dell'arte

In genere la tua pittura è impegnata politicamente?

In realtà no. Ho un orientamento ben preciso e sono abbastanza fedele alla linea, ma non mi impegno sempre politicamente. Fare street art in certi contesti è di per sé un atto politico. Un bravo artista lo è veramente, quando riesce a far provare agli altri le sue stesse emozioni.

L’arte visiva, a maggior ragione la street art, deve essere d’impatto. Il suo scopo è attirare l’attenzione dell’osservatore, immergendolo in un momento di riflessione e di autoanalisi. È importante che l’immagine parli. Un disegno che è solo bello alla fine non ti lascia niente, dopo due minuti l’hai già dimenticato.

Ad esempio mi capita spesso di ripensare alle opere di Blu, di Ericailcane o di Banksy (anche se quest’ultimo ormai è un brand). Non tutti gli artisti hanno la loro potenza comunicativa. C’è a chi non interessa svilupparla e segue solo le regole del mercato.

Per questo sono contrario ai soldi, è chiaro che senza non puoi fare nulla, però se si fa arte solo per i soldi perde spontaneità. L’opera dell’artista non è più anima: diventa un prodotto da scaffale, un oggetto che funziona a livello commerciale e basta!

Dunque sei contrario al filone dei post-graffiti e alle esposizioni in galleria?

Dipende sempre da quanto possono veramente servire. Anche se rinchiudere la street art dentro una scatola, considerando la potenza che ha, la vedo una cosa piuttosto limitante. 

Arte autobiografica

Citi spesso le opere di Blu. Quanto ha influenzato il tuo lavoro?

Blu mi ha aperto gli occhi su come trasmettere certi messaggi attraverso la street art, ad esempio nei cortometraggi in stop-motion (1).

In realtà prendo ispirazione da tutto ciò che attira la mia attenzione. Anche da cose che non c’entrano nulla con i graffiti come i film e i libri di fantascienza – in particolare quelli di Philippe Dick e Isaac Asimov – i thrillerle graphic novel e la musica.

Blu si occupa spesso di tematiche sociali, infatti nasce artisticamente negli spazi autogestiti. Nonostante li abbia bazzicati, questi luoghi non mi appartengono. La mia realtà è la provincia e dipingo quello che ho vissuto.

I miei personaggi sono creature immaginarie provenienti da un’altra dimensione. Hanno volti intrecciati che ricordano le radici e i tronchi contorti degli alberi. Ho la tendenza allo scuro, ma questo non significa che abbia una vena depressa. Semplicemente amo conferire al muro un’anima un po’ dark.

Il mio stile nasce dal classico graffito abbinato al pupazzetto. Mi piace evolvere le figure e le lettere insieme. In futuro vorrei imparare a usare altri strumenti, oltre allo spray e alla vernice, magari sperimentando con la scultura e l’installazione.

Note

(1) Vedi Anomalia (2017) di 3Vetro.

(2) L’intervista mi è stata rilasciata da 3Vetro il 13 marzo 2019.

(3) Le foto provengono dall’archivio dell’artista, che mi ha concesso di utilizzarle per questo articolo.