BLU A BOLLATE | Dialogo con il collezionista Eugenio Borroni

07/01/2019 Off By Tecla
BLU A BOLLATE | Dialogo con il collezionista Eugenio Borroni

Il 2 marzo 2017 il noto collezionista milanese, proprietario della Fabbrica Borroni di Bollate (MI), racconta la genesi del suo dipinto di Blu

Il murale è stato realizzato nel 2007, una settimana dopo quello del PAC, sulla parete sinistra della corte dell’ex opificio tessile del 1890, poi trasformato in fabbrica dal 1930 al 2001. 

L’opera, soprannominata Rage, si è rivelata profetica sugli effetti della crisi economica che di lì a poco sarebbe scoppiata. 

Blu alla Fabbrica Borroni

Venti giorni dopo l’apertura di “Street Art Sweet Art” al PAC di Milano, la Fabbrica Borroni inaugura “Il grande disegno”. L’esposizione è a cura di Elisa Gusella e dura tre giorni, dal 30 marzo al 1 aprile 2007. Immagino che Blu abbia dipinto “Rage” in questa occasione, o sbaglio?

Sì, circa 15 giorni prima. Blu ha dipinto il murale quasi contemporaneamente a quello del PAC. A quel tempo il curatore della collezione Borroni era Elisa Gusella, che nel 2007 decise di organizzare una breve mostra intitolata Il grande disegnoL’idea era quella di portare la giovane arte italiana all’interno di una vecchia struttura industriale. 

Elisa è molto amica di Blu, ed è stata lei a presentarmelo. La sua intenzione era quella di creare un’opera site specific in Fabbrica. All’inizio ho esitato un po’. Era la prima volta che sulle pareti di questa struttura – che è di nostra proprietà dal 1925 – veniva installato qualcosa di diverso dall’arte tradizionale. La corte della Fabbrica è del 1890 e mi dispiaceva intervenire su muri così antichi. 

Ma le incertezze sono svanite non appena ho visto il disegno preparatorio di Blu. In quel momento ho compreso che alla base della sua opera c’era un’idea forte, vincente. Quindi ho acconsentito all’esecuzione del murale.

Il significato del dipinto

Quindi Blu ti ha mostrato prima un disegno del progetto?

Non Blu, Elisa. Blu è venuto in Fabbrica il giorno in cui ha iniziato a lavorare al dipinto. Ha impiegato circa 6-7 giorni per finirlo, dimostrando un coraggio pazzesco! Si è arrampicato sul balcone della corte, utilizzando solo una scala: non ha voluto alcun supporto meccanico. Inoltre Blu è di una simpatia e di un’umiltà mai viste. Una persona veramente dedicata all’arte.

Elisa mi ha fatto vedere un disegno molto bello, spiegandomi il messaggio dell’artista. Il bozzetto mostrava un giovane a carponi, in slip e maglietta, che spalanca la bocca in modo animalesco. Quindi l’opera rappresenta la voglia famelica dei giovani di avere un futuro migliore di quello segnato dalla crisi economica. E non, come si diceva erroneamente, la loro dipendenza dalla droga. 

Questa non era l’intenzione di Blu. Il suo obiettivo era mostrare la ribellione di un giovane disarmato che si trasforma in un mostro. È un po’ come nel Dottor Jekyll e Mister Hide. Si tratta di un tema molto importante, valido ancora oggi, contro la disoccupazione giovanile e il precariato. Ma valeva anche 10 anni fa. Infatti il 2007 è stato l’ultimo anno prima della crisi. 

Il problema del restauro

L’opera è stata donata da Blu o retribuita?

Donata. Tutte le opere di street art presenti in Fabbrica sono state donate dagli artisti. 

L’arte urbana è effimera per natura. Sei favorevole alla sua conservazione?

Assolutamente sì. In Fabbrica l’unico pezzo che è andato perduto è quello di Airone che si è disfatto al sole. Se posso conservarli, caspita se li conservo!

Quindi se un giorno il dipinto di Blu avesse bisogno di un intervento di restauro, che cosa faresti?

Chiamerei Blu.

Ma in questo caso sarebbe un “rifacimento” e non un intervento di “restauro”. Infatti il lavoro del restauratore agisce sulle cause del degrado e rispetta l’opera originale. Mentre l’artista si limita a ridipingerla, modificando l’immagine secondo il suo gusto. Perché questa scelta?

La risposta è insita nella domanda. Prendiamo l’esempio di Burri. I suoi lavori infatti hanno dei grossi problemi di conservazione. Ormai l’artista non c’è più, ma quando era in vita restaurava da solo le sue opere. Forse Burri, durante il restauro dei suoi Sacchi Combustioni, aggiungeva o toglieva qualcosa. Ma io non lo chiamerei “rifacimento”, perché si tratta piuttosto di un “abbellimento”. Infatti è l’autore stesso a intervenire sulla propria creazione. In questo caso la modifica entra automaticamente a far parte della storia dell’opera.

Se invece l’artista è scomparso, allora è necessario ricorrere al restauratore. E credo bene che suo il compito sia intervenire sull’opera il meno possibile. Anche perché non saprebbe come modificarla. Il restauratore non possiede né le idee né le capacità artistiche dell’autore.

Ma nel caso di un dipinto come quello di Blu & Ericailcane al PAC, chi dovrebbe restaurarlo se non gli artisti? E questo che vorrei capire al convegno Street Art Sweet Art 10 anni dopo. A meno che Blu non acconsenta a far eseguire sul murale un restauro conservativo, secondo me, è a lui che spetta intervenire.

Note

Eugenio Borroni mi ha rilasciato l’intervista il 2 marzo 2017. Pochi giorni prima del convegno Street Art Sweet Art 10 anni dopo al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano (8-12 marzo). Lo scopo dell’evento era indagare sulla scena urbana milanese e nazionale a 10 anni dalla celebre mostra curata da Alessandro Riva e Chiara Canali. E per valutare, in maniera non troppo velata, se restaurare o distruggere il murale sulla facciata del museo dipinto in quell’occasione da Blu & Ericailcane. 

Le foto fanno parte dell’archivio della collezione Borroni. Solo l’ultima è stata scattata da Riccardo Bonetti il 2 marzo 2017.