IL RITRATTO CHE NON TI ASPETTI

21/10/2019 Off By Tecla
IL RITRATTO CHE NON TI ASPETTI

Dal 20 settembre al 26 ottobre 2019 la Fusion Art Gallery INAUDITA di Torino ospita Corpo Estraneo. Il progetto artistico dello scultore Michele Tajariol (1) che affronta il tema del ritratto.

Leggi il racconto affascinante dell’artista!

Michele Tajariol e il Corpo Estraneo

Raccontaci la tua mostra, partendo dal significato del titolo “Corpo Estraneo”.

Il titolo è preso da un progetto che ho fatto circa due anni fa. È uno dei miei lavori chiave in cui sono riuscito a unire due fattori: il mio metodo plastico e l’interesse di porre la scultura come uno strumento. Quindi Corpo Estraneo è il risultato di questo incontro con la grande tematica del ritratto

Inoltre l’idea di corpo estraneo è il filo conduttore di Another from Myself. Il progetto che ho realizzato in residenza a Torino (2). Il lavoro è composto da uno shooting fotografico e da un video durante i quali ho interagito con una performer. Questa metodologia della scultura come attività fa parte della mia ricerca sul corpo.

Le maschere imbracatura

Siamo curiosi di conoscere la genesi delle tue sculture-maschera. Come le hai realizzate?

Ho utilizzato delle semplici imbracature di sicurezza. Un oggetto che mi interessa molto, perché prende le misure del corpo. Infatti lo trovo molto simile al mio lavoro sulla scultura. 

Quindi ho preso queste imbracature e le ho smontate, privandole della loro funzione originaria. Dopodiché ho cercato di misurare il mio volto, riportandole a una pseudo-funzione. In altre parole ho costruito un altro oggetto sopra il mio ritratto che è diventato un Corpo Estraneo.

Ma alla fine qual è dei due il corpo estraneo? È il ritratto che è contenuto o quello che lo contiene? 

Quindi si tratta di un ospite indesiderato?

No, non c’è nessuna idea negativa nell’immagine di corpo estraneo. Rappresenta solo il mio desiderio di lavorare sempre un po’ in tensione con i materiali e le tematiche. Tutto ciò per innescare una riflessione in coloro che si mettono di fronte alla mia opera. La mostra li invita sia a capire che cos’è un ritratto sia a ragionare sull’identità del corpo estraneo.

Perciò il mio desiderio è quello di porre delle domande, piuttosto che assumermi la responsabilità di rispondere.

Le fotografie

Parlami del servizio fotografico.

Lo shooting è un percorso che ha portato al video. Infatti rispetto a quest’ultimo è stato molto più controllato. Durante gli scatti ho stabilito un rapporto 1 a 1 con la performer, cercando di costruire e di comporre. Proprio come si fa in scultura: costruire sopra un altro corpo e comporre la posa.

All’inizio non sapevo a cosa andavo incontro. Tutto era in divenire. Infatti anche la scelta dell’argilla – il materiale classico per eccellenza – è stata molto importante. La sua duttilità e capacità espressiva mi ha permesso di portare l’azione fino all’errore e alla rinuncia.

Poi nel risultato finale – fissato attraverso la fotografia – sono stati fondamentali i membri dello staff che mi hanno aiutato. È stato un piacevole lavoro d’equipe sotto la mia regia. Un progetto corposo costruito in modo molto tecnico, ma con grande umiltà nell’agire.

Another from Myself

Ora passiamo al pezzo forte della mostra: il video.

Per il video ho agito in questo modo: non ho imposto un canovaccio, ma ho solo indicato delle azioni. Another from Myself (3) si presenta come un soggetto dotato di una seconda pelle. Il taglio della ripresa è sempre quello del ritratto.

Infatti la performer compone alla cieca un volto ideale, una sorta di pseudo-ritratto. Ci sono due pezzi per modellare gli occhi, uno per il naso e uno per la bocca. L’impronta principale di questo lavoro è l’idea di un corpo che si fa da sé.

Il fare e smontare, il cercarsi con le mani rappresenta il primo gesto – quasi primordiale – del conoscersi, dell’accettarsi e dell’emanciparsi. Il che significa anche prendersi cura di se stessi.

Il pensiero che tutto possa essere smontato e ricostruito da capo è l’indicizzazione del “from”, che può non avere fine. Anche questa è una ricerca parallela al mio lavoro: il continuo portare al limite l’idea di alterità.

Prenditi il giusto tempo

Prima hai detto che le tue opere pongono delle domande a cui non dai una risposta. Perché preferisci che siano gli altri ad elaborare la loro visione. Detto ciò, che cosa ti aspetti dal pubblico che visiterà la tua mostra?

Mi piacerebbe che la gente convivesse con questi personaggi, lasciandosi il tempo necessario di fruizione. Questo aspetto mi interessa molto. Infatti anche io, quando visito le mostre, cerco sempre di prendermi il giusto tempo.

Note

(1) Michele Tajariol è il vincitore del State Of Minde_Prize a cura di Petra Cason Olivares. Il premio è stato realizzato con il sostegno del MiBACT e di SIAE nell’ambito dell’iniziativa Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura. Inoltre si avvale del patrocinio di PAV – Parco Arte Vivente di Torino e della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. La mostra rientra nei circuiti di NEsxTCOLLAContemporaryArt Torino+Piemonte.

(2) L’artista ha realizzato il progetto Another from Myself durante la sua residenza artistica alla Fusion Art Gallery INAUDITA di Torino. 

(3) Guarda un estratto della mostra su YouTube

(4) La fonte di questo articolo è l’intervista a Michele Tajariol del 20 settembre 2019.

(5) Foto DEGENEratA ©2019.