Quando hai iniziato a pensare al teatro delle ombre?
Da quando ho finito l’Accademia a Firenze. A quel tempo lavoravo con la scultura e la ritrattistica, ero un artista classico. La mia formazione era molto artigianale, perché ancora oggi le accademie italiane formano artigiani. Mi mancava tutta la parte di ricerca concettuale, e dopo cinque anni ho deciso che volevo altro.
Ma già nel 2012, quando entrai in questa ditta, mi venne in mente di realizzare un teatro delle ombre. Infatti questa fotografia mi è rimasta indelebile. Ho scelto di ispirarmi al teatro, perché è un mezzo sensibile fortissimo. E per “sensibile” intendo che coinvolge tutti i sensi, proprio come il circo.
Utilizzo i mezzi del teatro per riprodurre qualcos’altro, ad esempio i ricordi o il gioco, e trasfiguro lo spazio. Lo faccio semplicemente perché noi viviamo e lavoriamo in uno spazio. Perciò mi piace creare una situazione dentro un contesto che cambia, quando il visitatore entra a farne parte.