L’installazione è costruita su un gioco di colore e di luce. Di fatto rimane un’illusione, o sbaglio?
Sì, la finta architettura dipinta su tela è accessibile. Ci puoi girare intorno, la puoi attraversare, ma rimane un’illusione. È tutto un gioco di colore: non è palpabile. Gli archi e le colonne sono bidimensionali. Anche il pastello sul muro, che riproduce un decoro del palazzo di Cnosso, è privo d’ombra.
Questo rosso, questi colori, li ho trasferiti sui miei quadri. Dapprima sulle classiche tele montate su telaio, poi trasformandole per lavorare direttamente sullo spazio. Così ho iniziato a creare delle scenografie abitabili, che rivestono le pareti e il pavimento.
La luce è stata l’ultima idea che ho avuto. L’inaugurazione si è svolta di sera, perciò ho illuminato la sala con delle lampade dipinte per creare un’atmosfera soffusa. La sua funzione è anche quella di amplificare lo spazio, proiettando le ombre sul soffitto. Questo dà l’impressione di stanza ancora più piccola, più raccolta.