Le parole di Marzio Pinottini che introducono la mostra d’esordio Aspetti dell’arte torinese mettono in chiaro la politica culturale della Narciso:
«È nostro intento focalizzare tutti quei fenomeni che vanno sotto il nome di “manifestazioni d’arte”, sicuri che una tale denominazione possa offrire una sufficiente garanzia» (3).
Lo scritto esprime appieno l’orientamento eclettico della galleria, fiduciosa nella pluralità delle espressioni artistiche. Si cimenta infatti in numerosi settori: dalla grafica all’illustrazione, dalla pittura alla scultura, dall’artigianato al design.
Questa impronta deve molto alla personalità di Luigi Carluccio. Il critico diventa il mentore del giovane Marzio Pinottini, aiutandolo ad affinare le sue capacità di analisi delle opere d’arte.
Un insegnamento che gli trasmette “un’ispirazione di studioso tra l’esegeta e il pioniere” (4).
Infatti il suo principale interesse è quello di riscoprire quelle figure e tendenze artistiche dimenticate o trascurate dagli storici e dai critici d’arte.
Aspetti dell’arte torinese apre al pubblico il 30 aprile 1960. È una mostra dedicata all’arte piemontese tra il 1850 e il 1950. Ed è introdotta a catalogo da Luigi Carluccio, che parla di “continuità” tra i grandi nomi del passato e quelli contemporanei. Si tratta in ogni caso di artisti storicizzati, ma riletti con un occhio nuovo e più attento a valorizzarli (5).
Infine la rassegna ha il compito di introdurre i due grandi filoni tematici seguiti dalla Galleria Narciso: l’Ottocento italiano e il Novecento internazionale. Il primo riguarda la riabilitazione dei maestri italiani del XIX secolo all’interno del panorama artistico europeo. Grande attenzione è data ad esempio all’opera dei Macchiaioli toscani e dei Paesisti piemontesi. Il secondo si concentra soprattutto sull’arte italiana degli anni ’20 e ’30 del XX secolo. Dopodiché supera i confini nazionali con l’Espressionismo, il Dadaismo, il Surrealismo e le varie tendenze astrattiste.