L’ATTITUDINE DEI GRAFFITI | Intervista al writer Porto

04/03/2019 Off By Tecla
L’ATTITUDINE DEI GRAFFITI | Intervista al writer Porto

Dal 21 febbraio al 19 marzo 2019 la Docks 74 Art Gallery di Torino ospita Live fast-Die old, la mostra personale di Porto. L’approccio dell’artista è quello del graffiti-writing duro e puro, basato sulla ripetizione seriale e ossessiva del nome (tag). Lo caratterizza un throw up molto riconoscibile, che ha dipinto infinite volte in contesti legali e non.

Nei pezzi più complessi invece ha uno stile quasi vettoriale. Il passaggio dal muro al tavolo da disegno si traduce infatti in un disegno grafico. Quest’ultimo è realizzato al computer o a mano libera su carta con figure minimali e una scala cromatica ridotta.

La mostra è un’esposizione “di arte grafica, postumi di graffiti e altri atti diversamente illeciti” (1).

Un collage di lettere, forme e colori che si ispira alla contaminazione visiva del tessuto urbano. Il titolo stesso esprime la filosofia dei graffiti. Live fast-Die old rielabora la frase pronunciata da Kurt Cobain: “Live fast, die young”. Al contrario della rock star, Porto ci esorta a vivere appieno a nostra vita e più a lungo possibile.

Live fast-Die old

“Live fast-die old” è la tua prima mostra a Torino. Raccontamela partendo dal significato del titolo.

Il titolo rispecchia con ironia l’attitudine dei graffiti: “vivi veloce, ma spera di morire più vecchio possibile”. Live fast-Die old è un derivato di ciò che dipingo abitualmente sui muri. La galleria rappresenta il secondo step rispetto alla strada, dove c’è più gestualità e azione. Mentre la chiusura studio/tavolo da disegno sviluppa un concetto un po’ diverso.

L’esposizione presenta una parte di disegno, che mostra una ricerca tipografica futuristica. Poi c’è il materiale grafico vettoriale con uno stile quasi l’astratto e dei colori, che raramente uso nel contesto urbano. Infine c’è la produzione fotografica, in minima parte, rappresentativa di viaggi e di immagini catturate durante la pittura su strada.

Throw up e fotografia

Il tuo throw up è caratteristico. Invece di avere le lettere arrotondate, in stile bubble, è molto geometrico. Come l’hai sviluppato?

Ho iniziato a fare throw up in tarda età per un’esigenza di smania quantitativa. Io nasco infatti con l’esperienza di pezzi legnosi, rigidi. Inoltre ottenere una fotografia del contesto urbano mi diverte ancora di più che dipingere. Mi piace scegliere il posto in base al tipo di foto che potrò ricavarne. E in questo senso il throw up aiuta, perché è molto semplice e liberatorio. È anche più divertente rispetto al pezzo dettagliato e si può applicare in maniera veloce ovunque.

Nella fotografia come nel throw up prediligi il bianco e nero, perché?

Sul muro uso l’idropittura al posto dello spray. Poi se riesco a racimolare colori li adopero volentieri, altrimenti dipingo con il bianco e il nero. Invece per la fotografia è sia una scelta di gusto sia una necessità pratica. In 20 anni mi sono reso conto di avere un’attività fotografica molto spinta. Amo andare alle mostre di fotografia e per semplicità mi piace il bianco e nero. Penso che renda meglio il paesaggio in certi tipi di espressività e condizioni di luce. Aiuta a evidenziare tanti particolari che a colori svanirebbero.

Grafica vettoriale e disegno su carta

Invece nel disegno su carta e al computer utilizzi diversi colori. È interessante come il tuo stile cambi a seconda dei materiali e della destinazione dell’opera.

Questo è dovuto anche alla consapevolezza dei pro e dei contro di ogni percorso espressivo. Nella grafica al computer posso usare molti più colori, fare mille prove di palette. Al contrario, su carta deve essere per forza tutto buono alla prima. Anche perché non disegno a matita: è tutto direttamente a penna. Inizio col nero e se ho a disposizione altri inchiostri li aggiungo. Ma in sostanza mi piace di più il lavoro sulla linea.

Per le opere in vettoriale uso un programma arcaico, il FreeHand MX, ormai estinto. Ma che possiede una legnosità e una purezza geometrica straordinaria! Nella grafica cerco di creare pattern molto compatti e di sviluppare loop che vengono dalla strada. Invece nei disegni su carta parto dal carattere tipografico base “stampatello”. Dopodiché cerco di ottenere una composizione che si dirige verso l’astratto, senza mai arrivare ad esserlo veramente.

La fruizione dei graffiti

Un writer si immedesima nel passante che vede il suo pezzo o dipinge solo per se stesso?

Un writer è comunque un essere umano che vive in società, quindi sì. Davanti alle mie opere mi immagino la relatività di opinione. C’è chi apprezza e chi inveisce. Del resto più il graffito è esposto, più attirerà delle critiche: questo è inevitabile!

La reazione del pubblico va al di là della volontà di controllo e di origine dell’atto. La pratica del writing è sia un auto-compiacimento sia un gioco rivolto alla comunità. Si spera poi che da parte della società ci sia un giudizio elastico.

Ma questo dipende anche dal tipo di approccio che abbiamo con le persone. Da come le portiamo a sviluppare un’opinione favorevole, che magari al primo impatto non avrebbero. Infatti non è scontato che un cittadino digerisca un’invasione visiva nel suo spazio.

Note

(1) Leggi il comunicato stampa.

(2) Le foto della galleria scorrevole sono di Livio Ninni dell’associazione Il Cerchio e le Gocce di Torino.

(3) L’intervista mi è stata rilasciata da Porto il 21 febbraio 2019.