Il tuo throw up è caratteristico. Invece di avere le lettere arrotondate, in stile bubble, è molto geometrico. Come l’hai sviluppato?
Ho iniziato a fare throw up in tarda età per un’esigenza di smania quantitativa. Io nasco infatti con l’esperienza di pezzi legnosi, rigidi. Inoltre ottenere una fotografia del contesto urbano mi diverte ancora di più che dipingere. Mi piace scegliere il posto in base al tipo di foto che potrò ricavarne. E in questo senso il throw up aiuta, perché è molto semplice e liberatorio. È anche più divertente rispetto al pezzo dettagliato e si può applicare in maniera veloce ovunque.
Nella fotografia come nel throw up prediligi il bianco e nero, perché?
Sul muro uso l’idropittura al posto dello spray. Poi se riesco a racimolare colori li adopero volentieri, altrimenti dipingo con il bianco e il nero. Invece per la fotografia è sia una scelta di gusto sia una necessità pratica. In 20 anni mi sono reso conto di avere un’attività fotografica molto spinta. Amo andare alle mostre di fotografia e per semplicità mi piace il bianco e nero. Penso che renda meglio il paesaggio in certi tipi di espressività e condizioni di luce. Aiuta a evidenziare tanti particolari che a colori svanirebbero.