Invece a livello emotivo, che cosa volete trasmettere al pubblico?
Non è facile capire che cosa percepiranno gli altri. L’artista crea delle situazioni, che aiutino lo spettatore a entrare in una dimensione emozionale. Poi ogni esperienza è soggettiva. La nostra idea è quella di far accedere il pubblico all’interno di uno spazio abitativo, attraverso un effetto prospettico creato dall’unione di foto e schizzi.
La cosa importante è percepire la natura multidisciplinare del progetto. In passato esisteva infatti una forte connessione tra tutte le dimensioni artistiche: pittura, scultura, architettura, fotografia… Al contrario, in questo momento storico si avverte una scissione tra i vari professionisti del settore. Ognuno vive nel proprio mondo e non conosce il lavoro altrui.
La multidisciplinarietà ha sempre rappresentato un arricchimento personale e collettivo. Basta pensare alla storia di Giò Ponti, alla Vienna dei primi Novecento e a tutti gli operatori culturali che svolgevano progetti in comune. Perciò la nostra volontà di unire l’architettura alla fotografia vuole stimolare gli artisti a comunicare tra loro, condividendo le proprie competenze. Questo è il senso profondo della mostra.