– Al pensiero che si viene dipinti, poco alla volta si ha l’impressione che ci venga portata via l’anima.
– Non portata via, ma spostata da un’altra parte. Che in fondo, se uno ci pensa, è una buona definizione di arte – risposi.
– Spostata in un luogo più duraturo, cioè?
– Certo. Se il ritratto è un’opera d’arte, sì (1).
Nel corso della sua breve avventura artistica Van Gogh si ritrae spesso. Per il semplice fatto che non trova molte persone disposte a posare per lui. Una condizione che lo avvilisce profondamente, perché considera il ritratto il genere principe della pittura.
Durante la sua degenza nel manicomio di Saint-Rémy dipinge sei autoritratti. In quello più famoso, conservato al Musée d’Orsay di Parigi, si raffigura di tre quarti. Il suo aspetto è insolitamente curato ed elegante. Tuttavia dall’espressione del suo viso scorgiamo una forte tensione.
Il dipinto è dominato dal colore azzurro, che immerge il pittore in una luce irreale. La sua pennellata sensitiva è di un livello altissimo. La giacca è risolta a tratti ondeggianti, che raggiungono il massimo dell’espressione nello sfondo. Qui i segni si trasformano in spirali di colore di grande impatto emotivo.
L’Autoritratto parigino è senza dubbio uno dei più drammatici realizzati da Van Gogh. Un’opera che trasmette appieno la dimensione interiore dell’artista, imprigionato in un vortice di angoscia e tormento.