Blu conosce il grande street artist americano, quando esegue Super Fluo nel padiglione grande dell’Urban Edge Show di Milano. Obey rimane molto colpito dalle sue abilità, così gli propone di realizzare un’opera a 4 mani. Insieme escono dal padiglione e si recano due sale più avanti, vicino all’ingresso dello Spazio P4. Dopodiché scelgono di eseguire il murale su una zona particolarmente difficile: un soffitto obliquo attraversato da cavi elettrici, travi e tubature.
Blu disegna un grosso palombaro arancione con tenaglie al posto delle mani, che sollevano i resti sanguinanti di un piccolo uomo bianco. Il gigante carnefice ha l’aspetto del logo di Obey, ossia il volto di André René Roussimoff. Il famoso wrestler e attore francese, detto anche André the Giant per via della sua mole (2).
Il pezzo, soprannominato André the Diver (3), affronta il tema del rapporto morboso tra l’essere umano e la macchina. Secondo Blu la tecnologia – se utilizzata in maniera impropria – causa effetti disastrosi sugli uomini. Li infetta, trasformandoli in essere meccanomorfi oppure in fantocci abbigliati con maschere, tute e caschi che nascondono la loro identità.